Filippo Poletti, giornalista, saggista, è uno dei maggiori utilizzatori e conoscitori di LinkedIn in Italia, quasi 60 mila follower nel proprio LinkedIn network.
Giornalista professionista, ha scritto per oltre 20 testate italiane e dall’inizio del nuovo Millennio si occupa di comunicazione digitale esterna e interna d’azienda.
Da pochi giorni è in vendita su Amazon il suo libro “Tempo di IoP: Intranet of People”.
Sommario
Tempo di IOP – il libro
Quale motivazione
D.
Filippo, è disponibile su Amazon “Tempo di IoP: Intranet of People”.
Cosa ti ha spinto a pubblicare questo libro in un periodo di emergenza?
R.
Il coronavirus ha inaugurato un nuovo mondo anche nel lavoro.
Per ragioni sanitarie ci siamo divisi.
È tempo, oggi, di riunire, grazie alla rete, le forze, l’impegno e la passione.
È tempo di “IoP”, intesa come comunicazione digitale all’interno della nostra azienda o istituzione. È tempo di usare la forza dell’online.
Per questo ho pubblicato questo libro, disponibile sia in formato ebook su Amazon che, dal 28 maggio, in formato cartaceo nelle librerie: vuole essere un aiuto concreto alle aziende per fare squadra con i collaboratori.
I pilastri
D.
Quali sono i pilastri della comunicazione interna aziendale?
R.
In “Tempo di IoP: Intranet of People” ne individuo cinque, presentati ciascuno in un capitolo: rispettivamente,
- l’unità per il bene comune
- il dialogo
- la formazione
- il benessere
- la sostenibilità.
Intranet aziendale
D.
Come si fa oggi una intranet aziendale?
R.
Si fa unendo informazioni e funzioni di servizio a un racconto o storytelling basato sulle persone.
La prima finalità non esclude la seconda e viceversa.
La intranet è la “casa” di tutti i collaboratori: deve permettere loro di vedere la busta paga, accedere ai corsi di formazione così come, per sintetizzare, condividere le notizie e le storie di tutti i protagonisti dell’azienda.
La comunicazione aziendale
D.
E chi non ha la intranet aziendale, come fa a comunicare con i collaboratori?
R.
Può e deve comunicare lo stesso, ricorrendo
- a email,
- tramite WhatsApp,
- con un’app o
- anche attraverso il social media professionale per antonomasia, LinkedIn.
La funzione di “notifica” ai propri collaboratori, presente su questo canale sociale, è molto preziosa: usiamola.
Filippo Poletti e LinkedIn
Gli inizi su Linkedin
D.
A proposito di LinkedIn, quando hai iniziato a utilizzare LinkedIn e qual era inizialmente il tuo obiettivo?
Oggi invece qual è il tuo obiettivo primario su LinkedIn?
R.
Mi sono iscritto a LinkedIn nel 2009.
Allora era evidente anche a me che il cv europeo, introdotto nel 1999, non era più sufficiente per presentarsi nel mondo del lavoro.
Se non si voleva essere tagliati fuori dall’universo professionale, bisognava cambiare passo e stile.
Bisognava fare rete ed essere in rete.
Ancora oggi, a distanza di più di un decennio dalla mia iscrizione a questo social media, sento attuale l’intuizione di allora: nella società della conoscenza il possesso è importante quanto la condivisione. L’obiettivo della mia presenza oggi su LinkedIn? Lo stesso, appunto, del 2009: conoscere altri professionisti e, assieme a loro, scoprire nuovi modi di approcciare l’universo lavorativo.
I consigli
D.
Quale consiglio ti sentiresti di dare ad un professionista che si avvicina a LinkedIn, quali elementi non si devono mai tralasciare o trascurare?
R.
La prima regola è quella di non sovrapporre la vita privata a quella professionale.
LinkedIn non è Facebook, né tanto meno Instagram o TikTok: LinkedIn è una community di persone che lavorano.
Ci possono essere, ovviamente, delle eccezioni, ma tali, a mio avviso, devono restare.
La seconda regola è condividere contenuti e commenti che impattino non negativamente sul proprio “brand”. Dire “no” per dire “io” non paga su LinkedIn, né tanto meno seminare sentimenti non positivi.
Il successo
D.
I tuoi post Filippo hanno moltissime interazioni, reaction e commenti decisamente superiori alla media, apprezzati da migliaia e migliaia di persone.
Come spieghi questo successo? Come scegli i contenuti per il tuo piano editoriale?
Pianifichi nel medio/lungo termine cosa pubblicare oppure pubblichi giornalmente in base a quanto hai trovata più interessante nella tua rassegna stampa personale?
R.
All’inizio del 2017 mi venne un’idea: dare vita alla “Rassegna del cambiamento” su LinkedIn.
Da allora, ogni mattina, mi alzo all’alba, navigo sui portali di notizie e su quelli dedicati al lavoro e posto un contenuto che possa aiutare me stesso e spero altre persone a interpretare al meglio i mutamenti del mondo del lavoro.
Giorno dopo giorno, dal 2017, la “Rassegna del cambiamento” è cresciuta: la risposta calorosa di tantissime persone è stata ed è uno stimolo a continuare questa condivisione su LinkedIn.
Il ruolo di LinkedIn
D.
In quale modo, secondo te, la rivoluzione industriale 4.0 investe già la comunicazione aziendale e come vedi il ruolo che Linkedin può avere in tutto questo oggi e nei prossimi anni.
R.
Gianfranco Chimirri, direttore HR di Unilever, ha sottolineato in un’intervista come la vita media delle competenze tecniche abbia una durata di circa due anni.
Per questa ragione serve investire sulle competenze, siano esse hard skill che soft skill come l’empatia, l’intelligenza emotiva e la capacità di cercare soluzioni originali.
In questo contesto LinkedIn rappresenta un grande aiuto, perché ci permette di osservare quali siano le abilità richieste ai nostri giorni e quali eventualmente possano essere apprese.
Il gap tra le competenze ricercate dalle aziende e quelle disponibili coinvolgerà nel 2030 ben 1,3 miliardi di lavoratori. È ciò che dice il report intitolato “Fixing the global skills mismatch”.
Serve una formazione continua, non standardizzata. Serve essere sempre aggiornati anche grazie a LinkedIn e, come ho detto, alla intranet aziendale e a tutti gli strumenti di comunicazione interna.
LinkedIn ed Employer Branding
D.
Tu come vedi l’introduzione di LinkedIn nella comunicazione aziendale?
Credi anche tu come me in LinkedIn come strumento di Employer Branding e Talent acquisition?
Come poter attuare questa ulteriore “rivoluzione” all’interno della rivoluzione digitale?
R.
Le aziende camminano sulle gambe delle persone.
In quest’ottica i collaboratori sono i primi ambasciatori dell’azienda. È il ruolo richiesto nell’epoca digitale.
Nell’era del microinfluencer marketing l’employee advocacy è ancora più importante, perché assegna anche ai dipendenti la funzione di “speaker”.
Ricordo un’intervista di Massimo Beduschi, presidente della media holding GroupM Italia, che sottolineava come chi lavora in un’impresa sia chiamato a produrre contenuti che ispirino fiducia nelle altre persone. Alla voce “ufficiale” della nostra impresa può unirsi il coro dei collaboratori: è tempo di “media company” con lavoratori capaci di essere anche storyteller.
Social Media Policy
D.
Quando parliamo di LinkedIn non dovrebbe essere quasi scontato l’utilizzo di una LinkedIn Policy?
Cosa ne pensi? La social media policy è una necessità per la sola azienda, oppure è una sicurezza anche per il dipendente?
Limita la libertà del singolo oppure lo rende più sereno se sa fin dove può spingersi?
R.
Il collaboratore non è più solo uno “stakeholder interno”, ma grazie ai social media è diventato, come abbiamo appena detto, un ambasciatore digitale dell’azienda.
Una social media policy può essere utile non tanto per limitare la libertà delle persone, quanto per unire le forze.
Ma LinkedIn funziona?
D.
Cosa diresti a un professionista restio a utilizzare Linkedin?
Su quali argomenti faresti leva per convincerlo davanti a frasi come “i miei clienti non sono sui social media” oppure “nel mio settore non funziona, ho sempre lavorato senza strumenti digitali”.
R.
Grazie a LinkedIn ho conosciuto tantissime persone che mi hanno fatto crescere come professionista.
LinkedIn ci permette di “aumentare la nostra umanità”.
Confrontandosi e collaborando con altre persone tanti progetti diventano possibili. Così è per la rete interna o intranet aziendale.
Rassegnalavoro.it
Il blog voluto da Filippo Poletti per comunicare il mondo del lavoro
D.
Parlando di fare rete, hai lanciato il portale Rassegnalavoro.it
Qual è il suo obiettivo?
R.
Condividere, condividere, condividere. Questo lo scopo di Rassegnalavoro.it
Assieme ad alcuni colleghi professionisti vogliamo fare rete: uniti, ai tempi del coronavirus, si può vincere.
Tra gli autori c’è anche un’ottima formatrice Maria Letizia Russo: la conosci? Sto scherzando, ovviamente. Grazie, grazie mille, cara Letizia.
Conclusione
D.
Da ultimo, come vedi il tempo futuro?
R.
Intervistato qualche settimana fa, lo stilista Giorgio Armani ha detto:
Quando le persone mi chiedono se ho paura, rispondo “sì, ho paura”
La paura ci permette di non prendere sotto gamba il coronavirus.
Facciamo in modo, tuttavia, che la paura non diventi chiusura e frustrazione.
Traducendo dal latino all’italiano assieme a mia figlia Elena, ho letto questa frase di Seneca:
Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza
Scegliamo, nella intranet così come nel resto della comunicazione interna e su LinkedIn, la speranza.
Maria Letizia
Grazie Filippo, per aver condiviso con me i tuoi nuovi progetti, il libro “Tempo di IOP”, la nascita di Rassegnalavoro.it e per averci raccontato di te e LinkedIn, il Social Network grazie al quale ci siamo conosciuti e che ci vede camminare affiancati nel credere che possa essere un ottimo strumento per comunicare le aziende e soprattutto le persone che ne fanno parte.